Obama è arrivato a Roma, alla radio stamattina tutti i notiziari parlavano dell’imponente dispiegamento di misure di sicurezza mobilitate per proteggerlo, perché quando si muove il presidente degli Stati Uniti, uno tra gli uomini più potenti al mondo, insieme a lui si muove uno stuolo infinito di uomini, macchine e armi.
Mentre guidavo e ascoltavo la mia testa si riavvolgeva all’indietro come un nastro, ritornava a quel lontano 1999 a Parigi, quando ho avuto il “piacere” di testarle e vederle con i miei occhi queste misure di sicurezza, l’indimenticabile giorno in cui non uno, ma ben due presidenti, Clinton e Chirac, sono venuti a cena nel ristorante di fianco a casa mia.
A quell’epoca abitavo da sola a Parigi, frequentavo l’Ecole Pratique des Hautes Etudes, dove ho preso la mia specializzazione in Egittologia, e dove ho iniziato il dottorato che ahimé non ho mai terminato.
Vivevo nel quartiere centrale del Marais, nel terzo arrondissement, in un piccolo appartamento che la mamma di una mia amica milanese mi aveva affittato. L’appartamento si trovava in una minuscola via chiamata rue du Vertbois. Una strada talmente stretta che c’era giusto lo spazio per il passaggio di una macchina, nessuno spazio per parcheggiare, uno stretto marciapiede e tanti piccoli negozi multietnici, gestiti soprattutto da ebrei. C’era il mio fornaio di fiducia sull’angolo, il fruttivendolo africano, una minuscola sartoria di un anziano ebreo, dove una volta in vista del Congresso Internazionale di Egittologia al Cairo ero andata a farmi accorciare un paio di pantaloni, e poi a due passi dal mio portone un piccolo ristorante anonimo, che io reputavo una bettola e a cui non avevo mai prestato molta attenzione. Niente di più sbagliato.
Era giugno, e quel giorno, come era mio solito, mi ero svegliata presto ed ero andata a studiare alla biblioteca di egittologia del College de France. Una volta entrata lì mi tuffavo in un mondo parallelo, quello dei libri, dell’Egitto, dei geroglifici. Mi sentivo una vera privilegiata di potere studiare in una biblioteca accessibile solo ai ricercatori e previa autorizzazione scritta. Stentavo a credere di avere la possibilità di sfogliare libri rari e preziosi che grandi studiosi prima di me avevano consultato.
Rimanevo lì tutto il giorno immersa nelle mie ricerche, mi assentavo solo pochi minuti per la pausa pranzo, e lasciavo la biblioteca solo nel tardo pomeriggio, al momento della chiusura. Passavo allora dalla solita boulangerie, compravo un pain au chocolat, e poi m’immergevo nel mondo sotterraneo della metropolitana. Arrivata alla fermata Arts et Metiers risalivo in superficie e percorrevo a piedi la breve strada che mi separava da casa.
Ma quel giorno appena uscita dalla stazione della metropolitana notai qualcosa di diverso. Sulla strada c’era una lunga fila di transenne, macchinoni blu con i vetri scuri, e macchine della polizia ovunque. Rimasi sorpresa, ma non più di tanto, sapevo che al Museo des Arts et Metiers, nella strada parallela, erano in corso dei lavori di ristrutturazione e che a breve ci sarebbe stata l’inaugurazione, forse tutto quello spiegamento di misure di sicurezza erano dovute a questo evento.
Senza farci troppo caso, continuai per la mia strada, ma arrivata in rue du Vertbois, fui accolta da poliziotti con giubbotti antiproiettile e radioline ricetrasmittenti, che mi urlarono in modo molto brusco e nervoso di andarmene via, che la strada era chiusa al pubblico. Dopo varie discussioni, mi concessero di passare e di entrare nel mio portone di casa. Mentre salivo le scale di casa mi chiedevo cosa potesse essere successo, se fosse possibile che per una semplice inaugurazione di un museo i poliziotti francesi si scaldassero così tanto. Placai la mia curiosità pensando che forse all’inaugurazione partecipava qualche personalità importante, magari il sindaco di Parigi. Mai e poi mai mi sarei potuta immaginare chi fosse arrivato in quella piccola e anonima stradina, deserta e anche un po’ trasandata, sperduta nell’immensa Parigi.
Salii nel mio appartamentino al primo piano, le cui finestre davano proprio sulla strada, e come al solito accesi la televisione per ascoltare le ultime notizie, mentre in cucina iniziavo a prepararmi la cena. Tra i rumori delle pentole e dell’acqua, riuscii a sentire la notizia d’apertura del telegiornale: Bill Clinton e Hillary erano arrivati in città e Chirac li aveva portati fuori a cena in un ristorante. La notizia m’incuriosì molto, mi affacciai dalla cucina e vidi passare sullo schermo l’immagine di Bill e Hillary insieme a Chirac davanti ad un ristorante con una tenda a quadretti rossa a me molto familiare.
L’inquadratura si spostò verso l’alto e riuscii a leggere anche il nome del ristorante: Chez L’Ami Louis, il ristorante di fianco a casa che io avevo sempre considerato una bettola. Ci misi qualche secondo a collegare i punti, perché la mia mente si rifiutava di credere a ciò che vedeva. Dopo qualche secondo, ritornata in me, e dallo stupore feci quasi cadere il piatto che avevo in mano. Bill Clinton, Hillary, Chirac e sua moglie stavano mangiando nel ristorante di fianco a casa mia, non in una strada grande e lussuosa, gli Champs- Elysées per esempio, ma in questa viuzza insignificante e in un ristorante dall’apparenza molto modesto.
Capii subito che era un’occasione unica nella vita, che dovevo passare subito all’azione, dovevo riuscire in tutti i modi a vedere dal vivo il presidente degli Stati Uniti e sua moglie. Sapevo che non sarebbe stata un’impresa facile, dato il dispiegamento di poliziotti in divisa, in borghese, auto blindate, camionette, che vedevo sulla strada dalle mie finestre, ma volevo almeno provarci.
Trovai la scusa del pane. Scesi in strada e ai poliziotti che mi accolsero urlando e con le pistole in mano, tremando dissi che avevo finito il pane e che dovevo andare al forno a comprarlo, il forno si trovava proprio davanti al ristorante.
Con aria molto scocciata e dopo qualche scambio con altri colleghi tramite ricetrasmittenti mi concessero di andarci, però solo scortata da loro e molto velocemente. Raggiunsi il forno tremando dalla paura e circondata da gorilla armati di qualsiasi cosa, fu allora che mi resi conto di quanto fossi stata incosciente.
Il fornaio, molto sorpreso nel vedermi, mi allungò il pane mentre io cercavo di guardare, attraverso le sue vetrine, l’interno del ristorante sul lato opposto della strada. Fu tutta fatica sprecata, la tenda a quadretti rossa era completamente abbassata e non c’era traccia dei due presidenti e delle loro rispettive mogli. Nuovamente sotto scorta, dai sempre più nervosi e infastiditi gorilla, mi ritirai in casa delusa ma contenta di averci almeno provato.
Dalle finestre di casa continuai ad osservare tutto ciò che succedeva in strada, al momento dell’uscita dei due presidenti e delle rispettive consorti vidi passare sotto i miei occhi le due macchine presidenziali, con le rispettive bandierine dei due stati, e poi l’interminabile sfilata di macchine blu, blindate, macchine della polizia, dei corpi speciali, camionette, camion, camion blindati con il retro aperto al cui interno riuscivo a vedere squadre di uomini incappucciati con il mitra in mano pronti a saltar fuori se necessario. Un fiume che sembrava non avere fine.
Fu talmente lunga la sfilata che ne rimasi profondamente colpita. Era possibile che un presidente smuove tutto ciò per uscire semplicemente a cena una sera ? E vi assicuro che finché non lo si vede con i propri occhi, non ci si può rendere conto della quantità di persone e mezzi coinvolti, soprattutto se i presidenti fuori a cena sono due.
Mentre passavano le ultime auto e i poliziotti toglievano le transenne, provai per un istante a mettermi nei panni dei presidenti, avrei voluto una vita del genere ? Una vita in cui la cosa più normale diventa così macchinosa e ingombrante ?
No, credo proprio di no. E guardando fuori dalla finestra ringraziavo il cielo tra me e me di essere la Beatrice anonima, ma libera, di godermi appieno la meravigliosa Parigi.
P.S. Ho scoperto solo in seguito, parlando con amici parigini, che il Ristorante Chez L’Ami Louis è un ristorante molto famoso e frequentato non solo da presidenti, ma anche da star del cinema e della musica. Chissà quanti personaggi mi saranno passati sotto il naso mentre io ero tra le nuvole e tra i libri di egittologia. Io che l’avevo considerato una bettola. Mai giudicare dalle apparenze 🙂
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SOUPRISE!!!!
Che bel racconto!!!
Grazie
Francesca
Grazie a te Francesca <3