Ricordi d’estate per scaldarsi il cuore in queste grigie giornate autunnali.
E’ un caldissimo pomeriggio di luglio. Sono le 3 e come quasi tutti i giorni è passato Marino, il mio vicino. E’ venuto “a veglia”, a farci visita, a scambiare quattro chiacchere. E io, come una bambina affamata di storie, gli chiedo di raccontarci di quando era piccolo e andava a scuola. Perché amo ascoltare le sue storie, ma soprattutto perché desidero che le mie bimbe ascoltino questi racconti, che questi tesori non vadano persi. Voglio che sappiano che prima, qui nel bel mezzo della campagna della Maremma, ci si accontentava di poco, si era costretti a vivere con poco. Voglio che imparino ad apprezzare il tanto che hanno, ad esserne grate.
Marino inizia a raccontarci una delle sue mille storie, come solo lui sa fare. Con quel dono innato e straordinario che ha di disegnarle e colorarle le parole, di dargli vita. Siamo talmente immerse nel suo racconto che decidiamo di prendere le nostre biciclette e ripercorrere insieme a Marino la strada che faceva lui a piedi tutte le mattine per andare a scuola.
Siete pronti a partire per un viaggio nel tempo e nei ricordi insieme a noi ?
Marino, classe 1923, ha iniziato ad andare a scuola a 8 anni e finito a 12 anni, perché a quei tempi si usava così. Andava a scuola a Pratolungo, un piccolo agglomerato di case a 2 km dal suo Podere. E ci andava a piedi. Partiva da solo, poi lungo il percorso s’incontrava con altri bambini di altri poderi. Non c’erano strade e per arrivare a scuola, Marino doveva camminare lungo stretti sentieri che tagliavano i campi coltivati. Quando pioveva c’era fango dappertutto e si arrivava a scuola tutti sporchi.
Ai piedi aveva le scarpe belle, fatte a mano dal calzolaio di San Valentino, con le bollette (i chiodi da scarpe). Portava con sè una borsa di pezza con una cinghia, a tracolla. Dentro alla borsa poche cose essenziali: un pennino con l’inchiostro, un paio di quaderni, un paio di libri, una matita, pastelli a cera e una gomma. C’era anche la merenda che gli preparava sua madre: un pezzo di pane fatto in casa con i fichi secchi o con un rocchetto di salsiccia (un piccolo pezzo), un’arancia, oppure quando era fortunato la schiaccia con l’uva, fatta da sua madre. In inverno faceva talmente freddo che per ripararsi gli davano da mettere la giubba (giacca) del babbo. L’andata non era male, dice, perché anche se tirava la tramontana, soffiava alle spalle, ma al ritorno quando il vento tirava forte neanche si riusciva ad aprire la bocca dal freddo e il vento, sui poggi, se non stavi attento il vento ti rivoltava.
Il grembiule nero con il fiocco si lasciava a scuola, in un cassetto sotto al banco, per non sporcarlo troppo. I banchi erano di legno e le sedie erano impagliate. Erano banchi lunghi da 4 postii e ogni posto aveva il suo calamaio, per contenere l’inchiostro che serviva per scrivere con il pennino. Il pennino era spaccato in due, diviso, se lo pigiavi faceva due alette, bisognava stare attenti e andarci leggeri.
La parola che esce più frequentemente dalla bocca di Marino mentre ci racconta è freddo. D’inverno ci si scaldava con una stufa mezza rotta e ogni bambino doveva portare da casa 2 o 3 pezzi di legna per alimentarla. Marino si ricorda ancora che durante le prime ore le mani, gelate dal freddo, non riuscivano a scrivere.
La sua era una classe mista, composta da 20 bambini di tutte le età. La maestra, sono passati ben 82 anni ma ancora si ricorda il nome, Marina, che abitava lì a due passi dalla scuola, gli faceva fare infinite serie di bacchette, per imparare a scrivere. E quanto era severa la maestra, ci dice, non come adesso. Doveva esserlo, altrimenti come poteva gestire tutti quei bambini, di età diversa ? Tante erano le punizioni per i più monelli, quelli che non studiavano, non sapevano le tabelline, non facevano i compiti o scarabocchiavano il quaderno. La punizione più tremenda era quella di andare dietro alla lavagna in ginocchio sul granoturco, a me non è capitata mai, ci dice Marino, con un sospiro di sollievo. Un’altra era quella di fermarsi dopo l’orario scolastico a spazzare l’aula o pulire il gabinetto e poi quando tornavi a casa dovevi stare pure zitto e non dirlo ai genitori perché rischiavi di essere punito anche da loro.
Poi c’era la bacchetta, di legno di crognolo, che Anna, la compagna di Marino incaricata della maestra, andava a fare in una pozza vicino alla scuola. Se facevi qualcosa di male dovevi mettere le mani sul banco e la maestra ti colpiva con la bacchetta, faceva un male “arrabbiato” , ci dice Marino. Lui questa punizione l’ha provata, perché una volta aveva fatto copiare un suo amico “asino”, dal suo quaderno. E aggiunge, Anna, la fornitrice di bacchette, un giorno con i miei compagni l’abbiamo aspettata fuori dalla scuola e l’abbiamo menata !!
All’una Marino tornava a casa, i grandi erano tutti nei campi al lavoro. Mangiava un pasto magro: un piatto di fagioli, ceci o patate e poi andava a lavorare. I bambini andavano a badare (tenere) i maiali per fargli mangiare la ghianda.
E i compiti Marino quando li facevi ? Li facevo di sera dopo cena, con un lume a petrolio.
Grazie M. per questa bellissima storia. Per un istante ho avuto la sensazione di essere anche io, insieme a te, in quella scuola a “patire” il freddo. Quante volte te l’ho fatta raccontare questa storia, ripetere, sempre la stessa. Perché ogni volta tu mi disegni nuove sfumature e nuovi particolari, perché tu sai raccontare così bene le tue storie.
I tuoi racconti sono come quei libri bellissimi, libri che leggi tutti di un fiato, da cui non riesci a staccarti e che vorresti non finissero mai.
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bella questa storia, vita vera che dienta una meravigliosa favola……….
Grazie Antonella !! Sì proprio una favola…che fortuna avere qualcuno che te le racconta con così tanta generosità !! Baci
Ne ho sentiti molti di questi racconti…e quando li ho finiti di ascoltare sento malinconia e gioia allo stesso tempo…!
E’ vero è un misto di gioia e malinconia. Grazie !!
GRAZIE DI RICORDARCI LE NOSTRE RADICI COTADINE, PER IL MIO PAPA’, DEL ’23, ERA LA STESSA COSA.
Grazie a te Cecilia di leggermi !! Grazie davvero <3 <3 <3
Vi abbraccio forte nel lutto per Marino, contadino fiero e nodoso.